Separazione e divorzio sono sempre un processo molto doloroso per tutti coloro che vi sono coinvolti. I maggior colpiti sono i figli.
Il tempo è indispensabile per imparare a vivere il cambiamento. Ognuno ha una reazione diversa al cambiamento. La separazione non è mai una soluzione concordata e raggiunta tranquillamente.
Nella maggior parte dei casi si arriva ad una separazione dopo un periodo più o meno lungo, di conflitti, di scontri che coinvolgono in modo passivo i figli.
Le coppie prese dai loro sentimenti ostili non si accorgono di ciò che vivono i loro figli sul piano psicologico.
I figli dovrebbero essere rassicurati spiegando loro che nonostante i genitori si stanno separando il bene nei loro confronti non cambia.
I figli, si aspettano genitori responsabili, presenze rassicuranti utili a calmare la paura di essere abbandonati e i sensi di colpa che li può far sentire responsabili della separazione dei genitori.
Si educa in due attraverso l’alleanza padre – madre. Purtroppo spesso si assiste non solo ad una separazione coniugale ma a quella genitoriale. Dall’essere genitori non ci si separa!
Una condizione indispensabile per determinare che il processo educativo si realizzi con efficacia è la coesione educativa, ovvero la capacità dei genitori di mantenersi uniti nella gestione educativa.
È importante che i coniugi si assumano la responsabilità del proprio fallimento. Questa non è un’ammissione facile. Soprattutto nei primi anni dopo la separazione, quando si tende a focalizzarsi sulle mancanze e sugli errori dell’altro.
Può essere utile un supporto psicologico alla coppia che si separa. Esso ha la funzione di aiutare a trovare soluzioni adeguate al fine che questo passaggio avvenga nel modo meno lacerante possibile per tutti.
Ha la funzione di favorire la consapevolezza che si può finire di essere coppia ma non di essere genitori. I figli hanno bisogno di sapere che noi continuiamo ad esserci per loro. Il dolore della separazione ha bisogno di essere trasformato. È necessario uno spazio di incontro dove, deposte le armi, si prova insieme a riorganizzare il tutto.
Parlare di famiglia oggi significa entrare in una logica di complessità, i genitori hanno il compito di lasciare un segno e generare nel tempo lo sviluppo di personalità mature nei figli.
È nella famiglia che il figlio struttura la sua personalità ed apprende i primi e fondamentali modelli comportamentali, valoriali, relazionali, che tenderà a riprodurre negli anni futuri. Tutto avviene all’interno della famiglia, la quale è incubatrice di future personalità resilienti e coriacee o di soggetti fragili e disorientati.
I figli hanno bisogno di interiorizzare, attraverso i genitori, sicurezza, vicinanza, regole, affetti e valori importanti per la loro crescita. La genitorialità, ossia, la competenza e la responsabilità di accompagnare i figli dalla dipendenza totale all’autonomia passa soprattutto attraverso l’ascolto profondo delle esigenze del bambino per insegnargli gradualmente a sentirle, individuarle correttamente, esprimerle, modularle e padroneggiarle, affinché da adulto possa diventare il protagonista della propria vita.
I figli hanno il diritto di restare estranei ai conflitti di coppia dei genitori, anche se sicuramente ne soffrono; hanno il diritto di voler bene liberamente a ciascun genitore senza sentirsi condizionati dall’altro.
Assistere alla disgregazione della famiglia, vedere la frantumazione della coppia genitoriale non è un’esperienza da poco da un punto di vista psicologico per i figli.
Sono pochi i figli che desiderano la separazione dei genitori. Questo accade quando le violenze e i litigi sono continui e i figli abbastanza grandi da capire che non c’è altra via d’uscita. In certi casi sono i figli stessi a suggerire ai genitori di separarsi. In tutti gli altri casi i figli subiscono la scelta degli adulti.
Di fronte alla separazione ognuno reagisce come può. I figli hanno reazioni diverse a seconda dell’età in cui si trovano. Bisogna conoscerle.
I più piccoli risultano più turbati, reagiscono con sentimenti di rabbia crescente, paura e spesso profonda tristezza. In molti casi si attribuiscono la colpa. Nei bambini, di solito, è presente una paura latente di poter essere abbandonati. L’intensità dell’emozione varia in relazione alle azioni e reazioni dei grandi. Non di rado i bambini in età prescolare regrediscono , riprendono a succhiarsi il dito o a fare la pipì a letto di notte. In età scolare le reazioni alla separazione sono sentimenti di rabbia verso i genitori e tendono a dare la colpa a uno dei due, solitamente a chi rimane con loro.
Bambini contesi vivono in uno stato continuo d’allerta e a forte rischio di frantumazione.
Alcuni bambini manifestano fantasie di riunificazione , altre volte accusano improvvisi sintomi fisici che possono testimoniare tristezza e depressione. Questi sintomi, una volta evidenziati, non vanno mai sottovalutati. Nelle situazioni di crisi e di separazione, è deleterio minare l’immagine dell’altro genitore. Gli adolescenti sembrano adattarsi meglio dei bambini all’idea del divorzio dei genitori ma finiscono per provare un profondo senso di tradimento. Hanno come la sensazione di un sogno che si frantuma.
A traumatizzare un figlio sono i cambiamenti improvvisi, le perdite delle figure di attaccamento, le liti ripetute, l’indifferenza, il caos educativo, l’assenza di linee di condotta, la solitudine e l’abbandono.
I figli hanno bisogno di spiegazioni chiare comprensibili sulla separazione, sui suoi tempi, su come potrà essere la vita quando i genitori saranno divisi. I bambini devono essere aiutati a capire il perché della separazione, altrimenti tenderanno a dare un’interpretazione personale dei fatti.
Bisogna verificare che essi abbiano accettato e compreso le spiegazioni che gli abbiamo fornito. Se questo avviene di solito sono disposti a parlarne, altrimenti preferiscono chiudersi in se stessi. E’ necessario contenere le loro fantasie di riunificazione e di rappacificazione.
I figli vanno aiutati ad attraversare la sofferenza e non a negarla.
È necessario che i genitori si rimbocchino le maniche, accettino di venire a patti e provino a superare il vittimismo o i reciproci sentimenti di rabbia e di vendetta.
Dott.ssa Mariachiara Pagone