In questi giorni a Sulmona, presso il cinema Pacifico, è in corso l’Evento che da alcuni anni si ripete “Cinema e Psichiatria”. Quest’anno il tema messo al centro del dibattito è L’invidia. E’così che prendo spunto per poter affrontare con voi questo argomento.
L’invidia non è altro che la manifestazione della capacità distruttiva primaria appartenente all’uomo fin dalla nascita.
Inizialmente l’invidia è stata intesa ed avvicinata ad altri affetti, come gelosia e avidità, ma in realtà è da questi che deve essere distinta.
L’invidia infatti, emerge prima della gelosia ed è sempre esperita nei confronti di un oggetto parziale non è conseguente ad una relazione triangolare.
Vorrei specificare gli affetti succitati:
– mentre la gelosia è connessa al triangolo edipico e si caratterizza dell’odio per il rivale e dell’amore per l’oggetto del desiderio, l’avidità mira al possesso di tutto al di là delle proprie necessità;
-mentre l’invidia ha lo scopo di distruggere la bontà dell’oggetto e agisce attraverso l’identificazione proiettiva, l’avidità ha alla base l’introiezione.
È dalla teorizzazione di Freud sull’invidia del pene nella bambina che questo affetto acquisisce uno spazio a sé ma non dobbiamo tralasciare come questo affetto venga sentito anche dall’uomo per le potenzialità creative della donna.
Freud riconosce all’invidia una grande importanza nell’eziologia della psicopatologia, tanto da ritenerla causa della reazione terapeutica negativa.
La visione del padre della psicoanalisi, relativa allo sviluppo psichico della bambina non ha retto nel tempo, ha subito un’usura associata ai cambiamenti socio-culturali. Ricordiamo infatti che la donna prima era legata a ruoli sociali marginali.
Tante le critiche da parte dei suoi colleghi contemporanei, che gli rimproveravano l’avere sottovalutato la consapevolezza che la bambina ha del proprio spazio interno e delle proprie capacità creatrici.
La Klein riprende l’osservazione dell’invidia, discostandosi.
Nel pensiero kleiniano l’invidia del pene è un fenomeno complesso, espressione della bissessualità esistente autonomamente nell’essere umano. Lei amplia il tema.
La Klein propone nel testo “invidia e gratitudine” un’altra ipotesi relativamente all’invidia primaria, che considera uno degli affetti più precoci, collocabile nella fase sadico-orale. Essa è rivolta ad un oggetto parziale, il seno, fantasticato quale possessore di buon nutrimento oltre che di qualità psichiche. Tale affetto può anche derivare da una esperienza frustrante, nel senso che se nella fantasia il seno non è a propria a disposizione, allora è il seno stesso a godere delle proprie ricchezze.
Il paradosso è che l’invidia sembra essere sottesa da una esperienza gratificante in quanto questa ultima è la prova delle risorse del seno, avvertita al di fuori di sé.
Rosenfeld ipotizza che l’invidia insorga alla nascita, come conseguenza della separazione dal corpo materno, il cui interno è vissuto come fonte di gratificazione.
Riprendendo l’ipotesi kleiniana, Bion spiega come di fronte alla violenza dell’invidia, il lattante mette in atto una scissione tra soddisfacimento psichico e soddisfacimento materiale, privilegiando quest’ultimo ma negandone la provenienza da un fonte esterna. L’attacco alla funzione alfa distrugge la possibilità di essere in contatto con se stessi e con gli altri esseri viventi.
Può verificarsi che l’invidia o meglio l’attacco invidioso sia sferrato da parti distruttive nei confronti di aspetti più evoluti della personalità.
Ferrari A. ha proposto una diversa ipotesi recentemente, la quale assegna all’invidia una funzione coordinatrice e organizzatrice nel senso che servirebbe ad evitare la disintegrazione.
L’invidia sembra essere un aspetto costitutivo della mente umana ed ogni psicoanalista deve farci i conti nella stanza di analisi, con quella di chi gli si affida ed anche con la propria.
Non nascondetevi nel negare questo affetto!!!!
Dott.ssa Mariachiara Pagone