Psicodinamica dei disturbi alimentari


Il professor McConnell J. Nel 1953  fece degli esperimenti sulle planarie. Le Planarie sono vermi che posseggano, un sistema nervoso rudimentale.  Hanno cellule nervose con una strana caratteristica, sono tagliate a metà e  si riproducono in due nuovi individui, partendo dalla coda o dalla testa indifferentemente.

Il Prof. McConnell fece un lavoro sistematico di condizionamento di questi vermi, li sottopose a stimoli luminosi seguiti da scariche elettriche che li facevano contrarre.
Dopo un centinaio di questi stimoli avvenne il condizionamento e  le planarie si contraevano al solo stimolo luminoso.

A distanza di alcuni anni il professore tagliò a metà un gruppo di vermi condizionati e lasciò che si rigenerassero. Egli poté osservare che a conservare il condizionamento non erano solo le planarie rigenerate dalla testa ma anche quelle rigenerate dalla coda.   Ciò mostrò con evidenza che la memoria dello stimolo non era confinata nel rudimentale sistema nervoso.

Dopo tale scoperta l’esperimento continuò e il professor McConnell prese un gruppo di planarie, le condizionò al solito modo, poi le tagliò a fettine, dando da mangiare le fettine ad altre planarie non condizionate e scoprì che le nuove planarie rispondevano puntuali agli stimoli della lampada. Il risultato era che  la memoria era una cosa che si poteva mangiare, digerire e assimilare. E la si poteva trasferire da un corpo all’altro..

È questa un’eccezione dei vermi o può riguardare anche i mammiferi? Si è possibile!
Gli studiosi Frank Babich, Allan Jacobson, Suzanne Bubash e Ann Jacobson dell’università di Los Angeles, dopo avere insegnato a dei ratti a riconoscere il clic che apriva la mangiatoia, e a farli accorrere anche in assenza di cibo, ne estrassero il cervello, e dal cervello isolarono l’acido ribonucleico. Tale acido era poi                       re – iniettato nel peritoneo di altri topi non educati e i nuovi topi, grazie alla memoria di quelli defunti, dimostrarono di trovarsi condizionati al clic nel medesimo identico modo.
Sottolineo come il primo atto di alimentazione coincide con l’inizio della nostra vita ontogenetica. Infatti lo spermatozoo durante il transito lungo le vie genitali femminili, incontra l’uovo, inizia la reazione acro somale in cui la membrana acrosomale e quella plasmatica dello spermatozoo si fondono, dando origine a pori che secernono enzimi litici, i quali digeriscono il cumulo ooforo e la zona pellucida dell’uovo.
Si potrebbe dunque dire che la vita comincia con un processo digestivo!
Possiamo osservare l’aspetto psicodinamico  del binomio mente-nutrizione seguendo un percorso cronologico, dai primi giorni di vita alla fine dello sviluppo psico-sessuale. Lo sviluppo psico-sessuale dell’essere umano si determina passando da uno stadio in cui mancano gli oggetti (oggi sappiamo che esistono gli oggetti interni già alla nascita, solo che questi vengono vissuti come estensioni del sé) in un altro in cui sono presenti per essere incorporati.

Lo stadio senza oggetti è lo stadio del narcisimo primario, i suoi scopi sessuali sono autoerotici.
Il primo comportamento istintivo positivo nei confronti di un oggetto desiderato sta nel diminuire la distanza tra l’oggetto e il soggetto stesso e si conclude con l’inghiottirlo. .
Il primo comportamento istintivo negativo nei confronti di un oggetto ritenuto minaccioso è quello di aumentare la distanza da esso e di sputarlo o comunque sia di espellerlo.

L’oralità è la base di ogni incorporazione. Nel dialogo soggetto-oggetto, si rafforza l’ambivalenza, già presente durante la vita intrauterina, che Nicola Peluffo ha definito “dinamica del trattenere-espellere” . Il rapporto con il cibo diventa un linguaggio tra figlio e genitori. E’ necessario tenere in mente che il rapporto con l’oggetto è un  rapporto di sopravvivenza e l’allontanamento di quell’oggetto mette la persona in uno stato di angoscia per mancanza di nutrimento. Il cibo può assumere qualsiasi funzione simbolica. Il cibo assume valore di linguaggio inconscio. Se ci  soffermiamo al fenomeno di attaccamento ai piatti familiari, la stereotipia del menu, è una variante dell’attaccamento incestuoso non a caso esso  si snoda, quando le cose vanno bene, nella post-adolescenza, quando anche la gran parte dell’investimento libidico si è spostata su un membro esterno alla famiglia.

Molto spesso, questi tentativi di individuazione-allontanamento sono inconsciamente ostacolati dalle madri: le riserve di cibo date ai figli sono come la dose gratuita data dallo spacciatore al cliente che tenta la disaffezione.

 

Dr.ssa Mariachiara Pagone

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