Le paure dei più piccoli


Tra le emozioni primarie vi è la paura, la quale svolge una funzione autoprotettiva
necessaria per la crescita del bambino. Tale emozione permette al soggetto di
attivare reazioni necessarie per difendersi da possibili pericoli provenienti
dall’ambiente esterno.
Permette di reagire rapidamente nelle situazioni di pericolo, determinando reazioni
difensive per tutelare la vita e contribuisce allo sviluppo umano. Si ha idea diffusa
che le paure debbano essere evitate, ma abbracciarle è il modo ottimale per
gestirle.
La reazione alla paura è frutto del sistema neuro-vegetativo: le mani sudano, il
battito cardiaco aumenta così anche il respiro; si modifica la circolazione sanguigna,
causando rossore o pallore e si ha contrazione muscolare. Il tutto è associato ad
un’ inquietudine interiore. Le paure nascono da stimoli sia esterni che interni.
Lazarus nel 1984, spiega come la valutazione cognitiva precede ogni reazione
affettiva. Importante è sottolineare come le emozioni nascono soprattutto dalle
credenze e non dalla realtà.
Le paure possono avere origine nell’infanzia ma possono trasformarsi ed essere
superate.
Bisogna attentamente distinguere la paura dall’ansia. Quest’ultima è una forma di
paura, è il protrarsi di un disagio emotivo che ci mantiene vigili. Essa è
caratterizzata dal prevedere una minaccia, come se l’oggetto della paura anticipasse
il pericolo. Quando si prova paura dinanzi ad uno stimolo reale, l’ansia è una forma
di attesa verso l’indefinito.
Si può dunque affermare che le paure dei più piccoli sono infinite. Ci sono poi quelle
paure tipiche dell’età evolutiva, tra queste c’è quella della separazione, del buio,
della morte, dell’abbandono, dei fantasmi, dei mostri, del dottore, ecc.
Alcune sorgono nel momento in cui il bambino si immedesima nelle preoccupazioni
dei genitori. Di fronte alla visione di un fatto che può generare paura, importante è
la reazione degli stessi genitori: i bambini percepiscono ciò che gli adulti provano, si
ha il cosiddetto contagio emotivo, ovvero se i genitori si spaventano, il bambino
sarà molto più spaventato. Importante dunque è minimizzare l’accaduto questo gli
permetterà di vedere il tutto dalla giusta prospettiva.
Le paure dei bambini svaniscono quando vengono manifestate liberamente ma se
nascoste potrebbero acutizzarsi.
Nei momenti di paura importante è avvertire la vicinanza dei genitori. Nel momento
in cui le parole non bastano il linguaggio del corpo diventa fondamentale. Bowlby
sottolineava come il prendere in braccio il proprio piccolo che piange è la risposta
più adeguata, da parte della madre di fronte un segnale di disagio del bambino.
Oltre alle primissime paure abbandoniche e di separazione, intorno al terzo anno di
vita, i bambini hanno bisogno di essere aiutati ad affrontare paure nuove, come la
paura del buio, la presenza dei mostri sotto al letto. La Segal nel 1985 scrisse di una
bimba di venti mesi che strillava spaventata davanti ad una scarpa con la suola
staccata, quindici mesi dopo fu in grado di riferire alla madre con una voce
tremolante: “Dove sono le tue scarpe rotte, mamma?”. Quest’ ultima rispose di
averle buttate via così la bimba commentò: “Per fortuna! Avrebbero potuto
mangiarmi da un momento all’altro” .
Queste paure sono uno dei motivi che spingono il bambino a voler dormire con i
genitori.
Altra paura comune è quella legata alla morte. Il piccolo non possiede ancora la
nozione di morte irreversibile, ciò che potrebbe farlo soffrire non è la morte in sé
ma la separazione.
Il silenzio può alimentare le paure in quanto produttore di fantasie. Il bambino si
crea nel silenzio la sua versione dei fatti.
Come aiutare i più piccoli a elaborare le loro paure?
Quando si mostrano eccessivamente spaventati potrebbe essere utile aiutarli a
verbalizzare le loro paure. Quando non sono in grado di verbalizzare in modo chiaro
le loro emozioni, importante è sollecitarli in altro modo ad esempio disegnandole o
viverle attraverso un gioco.
Fondamentale è mostrare empatia verso le loro paure anche se non reali .
Ricordiamo che se sminuiamo le loro paure banali, non saremo neppure pronti a
condividere i timori più profondi.
Vi lascio con questa citazione:
“Nessuno è disposto ad aprire il proprio cuore se non si è certi che l’altro è in
ascolto”. L.J. Cohen, 2005

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Dr.ssa Mariachiara Pagone

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