Molti genitori avranno sicuramente assistito almeno una volta, alle crisi dei loro
cuccioli, quando all’uscita da casa non si trovava il loro orsacchiotto, copertina,
peluche, o qualsiasi altro oggetto al quale loro sono particolarmente attaccati ..
Ma perché la protesta è così forte?
Prima di rispondere voglio fare un accenno al periodo dello sviluppo in cui si
trova il bambino.
Prima dei sei mesi il bambino non ha la capacità di distinguere tra sé e l’altro; si
trova in uno stato di fusione che supererà gradualmente grazie ad un
rispecchiamento con la figura materna. Intorno alla fine del primo anno, il
bambino si rende conto che la mamma non è più un suo dominio
incondizionato, ma ha una sua esistenza, l’emergere della reazione alla
separazione, ci mostra che il bambino ha stabilito dentro di sé una
rappresentazione stabile della figura materna, egli può evocare il suo ricordo
anche durante l’assenza.
E’ qui che entra in scena sia lo spazio e che l’oggetto transizionale descritto
da Winnicott. Lo spazio transizionale rappresenta ciò che separa in modo
simbolico il bambino dalla madre, è in quest’area simbolica, ma allo stesso
tempo reale che il bambino utilizza l’oggetto transizionale per alleviare
l’angoscia e per scoprire una nuova relazione affettuosa con un altro diverso da
sé.
L’oggetto si impregna di odori fino a diventare sporco e con un cattivo odore,
ma genitori non lavatelo!!!!
Verrà messo via dal bambino nel momento in cui non servirà più per lo scopo
con il quale era stato “creato”. Esso non sparirà ma potrà ricomparire durante
periodi in cui il bambino sente la solitudine o la paura.
Ci sono bambini che non hanno un oggetto transazionale? Sì, sono quei
bambini troppo accuditi, dove spesso la madre stessa è un oggetto
transizionale o quelli lasciati in modo eccessivo soli a se stessi.
In tutte e due le situazioni si può andare incontro ad uno sviluppo psico-emotivo
ed affettivo disturbato.
L’oggetto transizionale permette dunque al bambino di imparare a tollerare la
lontananza del genitore. Il processo si fonda sul senso di continuità e sul
riconoscimento che la non presenza non equivale alla sottrazione dell’affetto.
È il senso di continuità sperimentata dal bambino, accompagnata dalla
sicurezza trasmessa da genitori “sufficientemente buoni” a garantire la
formazione di un’Io forte e di un’identità stabile.
Dr.ssa Mariachiara Pagone