Atemporalità


“Pensate che il passato, solo perché è già stato, sia compiuto ed immutabile?

ah no! Il suo abito è fatto di taffettà cangiante, e ogni volta che ci voltiamo a guardarlo lo vediamo con colori diversi”

Kundera M.

 

 

Il  tempo è una dimensione silenziosa. I bambini  hanno una consapevolezza diversa del tempo, per loro è  dilatato. Nell’adolescenza si struttura una nuova scoperta, “la finitezza del tempo”. Lo scorrere del tempo implica  con se il concetto di  finitezza della vita.

La visone  moderna del tempo  ha oltre alla finitezza, la caratteristica del mutamento. Il cambiamento è ciò che assume rilevanza . L’individualità assume potere se considerato nella sua irreversibilità. Ogni individuo non è uguale all’ altro  e nessuno può vivere la vita di  qualcun altro .

Così come si ha l’oggettività, seppur soggettiva, allo stesso modo esiste un’atemporalità dell’inconscio. Tale atemporalità dell’inconscio venne descritta da Freud.  Per Freud i sogni ne sono la prova, scrive  “Poiché è dal passato che deriva il sogno, in ogni senso. E’ vero, anche l’antica  credenza che il sogno ci porta certo verso il futuro. Ma questo futuro, considerato dal sognatore come presente, è modellato dal desiderio indistruttibile a immagine del passato “(1899).

Tutto esiste contemporaneamente all’interno del sogno. Tutto in esso è possibile.

Freud sottolinea come l’aspetto fondante dell’inconscio,  sia proprio l’atemporalità che va a contrapporsi alla linearità del tempo che  caratterizza il  principio di realtà. L’uomo per Freud funziona seguendo da una parte il tempo lineare associato al principio di realtà e dall’altra parte  vi è l’atemporalità del principio del piacere. Questi due aspetti possono coesistere armoniosamente.

L’armonia tra tempi  da accesso ad una visione multidimensionale che espande la creatività, viaggiando nel tempo passato, sfiorando il presente e idealizzando il futuro.

Il problema si determina nel momento in cui l’atemporalità soffoca il riconoscimento del tempo reale. Anche l’impossessarsi di un solo tempo biologico incide e toglie valore all’esperienza di vita, si determinerebbe un concretismo inibitorio che destruttura l’esperienza creativa.

Nell’uomo si ha un continuo spostamento temporale dei processi psichici. Il ritorno del passato si ha nell’universo psichico del nevrotico che si determina nella coazione a  ripetere il proprio dramma personale per il bisogno impellente di risolvere i traumi. Tale atemporalità diventa patologica quando si ha una risposta non adeguata alla scarsa elaborazione di un trauma nevrotico con conseguente rimozione. L’evento rimosso si può trasformare così in sintomo. Ma disfunzionale è anche restare nell’atemporalità dove impulsi e desideri rimangono  perennemente attivi.

Quando il tempo entra nella sofferenza psichica?

La distorsione della percezione del tempo è un problema comune a molte tipologie  di pazienti: alcuni vivono in un tempo soggettivo disconoscendo il tempo biologico, altri sono talmente attaccati al tempo reale da annullare la creatività.
Nella relazione terapeutica fondamentale è tener presente come il paziente percepisce il tempo. Il depresso congela il tempo in un presente senza speranza, il maniacale imprime una apparente velocità statica, il lutto produce fissità e ripetizione, il nevrotico ossessivo produce rituali che annullano il tempo.

Il setting analitico non è altro che un contenitore temporale che dà un ritmo  sia degli incontri che  della separazione, è come se fosse un orologio relazionale.

La fiducia è connessa con il futuro e quindi alla dimensione temporale, è fondamentale che l’analista mantenga la capacità di guardare avanti, nonostante le difficoltà di simbolizzazione.

Con il transfert che si crea un ponte tra passato e presente e tra realtà esterna e interna, l’analista è allo stesso tempo interprete ma anche attore che agisce nel tessere la relazione di transfert. Il raccontare di sé, storicizzare la propria vita, condiziona il modo di rappresentarsi. Il soggetto muta nella relazione con l’altro così come il tessuto di taffatà cangiante citato dallo scrittore Kundera nel descrivere il passato che muta a seconda di come è guardato e ricordato.

Quand’è che il paziente non ha più bisogno del terapeuta? Quando questi due tempi vengono da lui riconosciuti  narrandosi  e riconoscendosi nel flusso del tempo. Il soggetto dovrà possedere la sua identità e creatività sopportando le frustrazioni che sopraggiungono dalla realtà.

 

Dr.ssa Mariachiara Pagone

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