Durante il gioco i bambini rappresentano in modo simbolico fantasie, desideri ed esperienze,
lo fanno attraverso l’uso del linguaggio, attraverso una forma espressiva acquisita
filogeneticamente che conosciamo già grazie ai sogni.
La psicoanalisi infantile è cosa recente, infatti per Freud i metodi terapeutici infantili non si
differenziavano da quelli degli adulti. Freud contribuì a questa evoluzione attraverso il
trattamento del piccolo Hans.
Tale contributo fu importantissimo. Freud dimostrò che i contenuti inconsci possono essere
portati alla coscienza dal bambino.
Nonostante questi inizi, l’analisi infantile poneva molti interrogativi. Tali interrogativi
partivano dal fatto che gli adulti ricorrono all’analisi spinti dal malessere, mentre si riteneva
che i bambini non avessero il senso della malattia e non sentissero il bisogno di essere aiutati.
Nel 1920 Freud, osservando il gioco del nipotino Hernst (il gioco del rocchetto), arriva a
formulare ulteriori riflessioni sul gioco come strumento trasformativo e dunque evolutivo per
il bambino.
Il rocchetto, assume per il bambino il significato di riparazione, va esso a trasformare
un’esperienza dolorosa e frustrante (come l’assenza della madre), in un’esperienza
controllabile, che gli permette di reggere la separazione e la solitudine.
Freud deduce quindi che, attraverso il gioco, il bambino può ripetere le esperienze dolorose
ed elaborarle.
Il discorso sul gioco fu poi sviluppato da Melania Klein la quale osservò direttamente il gioco
dei bambini da un punto di vista psicoanalitico, modificando radicalmente la tecnica e
rivisitando i concetti teorici.
La Klein inizia ad interpretare non soltanto le parole, ma anche il gioco. L’adulto deve
comunicare con il bambino attraverso lo stesso linguaggio.
Il gioco è per il bambino un lavoro attraverso cui esso cresce ed alimenta il pensiero simbolico
e lo spazio mentale.
Per la Klein fu centrale il lavoro diretto con i bambini, studiando così le loro angosce, consce
e inconsce. Tali angosce vanno a sconvolgere la tranquillità del bambino che ricorre
all’attuazione di meccanismi di difesa primitivi come la scissione e l’identificazione.
La tecnica del gioco è inseparabile dall’interpretazione, grazie ad essa la fantasia giocata
viene narrata insieme per riconoscere la realtà. Per far questo è necessario guardare
concretamente il modo con cui il bambino pensa e gioca.
La Klein, prima di far iniziare il gioco usa la parola ed asseconda il bambino nelle sue fantasie.
Riassumendo è possibile dire che il gioco non è solo divertimento ma un modo per
conoscere l’ambiente esplorando ed eliminando l’angoscia, attraverso l’espulsione e la
proiezione di contenuti angoscianti.